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Bertozzi & Casoni

   

Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni sono nati rispettivamente a Borgo Tossignano, Bologna nel 1957 e Lugo di Romagna, Ravenna nel 1961.

La prima formazione artistica di Bertozzi e Casoni avviene all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Faenza in un clima dominato da un post-informale. Appena terminati gli studi, Bertozzi e Casoni frequentano l’Accademia di Belle Arti di Bologna, fondano una società (1980) e partecipano alle manifestazioni che tentano di mettere a fuoco i protagonisti e le ragioni di una “nuova ceramica”.

Abilità esecutiva e distaccata ironia caratterizzano già le loro prime creazioni in sottile maiolica policroma. Importante è la collaborazione (1985-1990) con la Cooperativa Ceramica di Imola dove lavorano come ricercatori nel Centro Sperimentazioni e Ricerche sulla Ceramica. Nel 1987 e 1988 collaborano con il “K International Ceramics Magazine” di cui realizzano anche le immagini di copertina. Nel 1990 creano fontane e grandi sculture per un intervento urbano a Tama, un nuovo quartiere di Tokyo. Del 1993 è il grande pannello "Ditelo con i fiori" collocato su una parete esterna dell’Ospedale Civile di Imola. Negli anni Novanta emerge nel loro lavoro un aspetto maggiormente concettuale e radicale: la ceramica assume dimensioni sempre maggiori fino a sconfinare nell’iperbole linguistica e realizzativa.

Le loro sculture – simboliche, irridenti e pervase da sensi di attrazione nei confronti di quanto è caduco, transitorio, peribile e in disfacimento – sono diventate icone internazionalmente riconosciute di una, non solo contemporanea, condizione umana. L’ironia corrosiva delle loro opere è sempre controbilanciata da un inossidabile perfezionismo esecutivo. Tra surrealismo compositivo e iperrealismo formale, Bertozzi e Casoni indagano i rifiuti della società contemporanea non escludendo quelli culturali: da quelli del passato a quelli delle tendenze artistiche più vicine. Icone quali la Brillo box passata al vaglio della Pop Art o le lattine di Merda d’artista di Piero Manzoni trovano, in una raffinata versione ceramica che ne indaga l’obsolescenza e il degrado, sia i segni di un tempo irrimediabilmente trascorso sia un congelamento in assetti che, per converso, li affidano a destini davvero immortali.